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PM RossiLa Bocassini nell'incertezza se è bianco su nero o nero su bianco...brava!
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S.Truzzi sul Fatto Quotidiano
La rivoluzione evocata (anzi: convocata) da Mario Monicelli, prima del volo. Il grido di Stéphane Hessel, ex partigiano francese 92enne, I n d i g n a t ev i , fulmineo caso editoriale. Poi Luciana Ca - stellina che scrive, nel pamphlet pubblicato con Aliberti: “Si tende a pensare che la propria generazione sia migliore di quelle che le sono succedute. Se a me piace molto il vecchissimo Hessel, che di anni ne ha 92, undici più di me che pure sono Matu****mme,è proprio perché, anziché chiudersi nella nostalgia del suo passato, lo usa come un altoparlante per mobilitare i giovani cercando di dar loro il massimo della fiducia. E li chiama a tramandare quanto di meglio è stato fatto prima che nascessero. Ecco la parola che, insieme a indignazione, ribellione e responsabilità, vorrei esaltare: tramandare”. E UN ALTRO VEGLIARDO, Pietro Ingrao, che scavalca il muro dell’indignazione, perché “non basta”. Dice: “Nella primavera del 1940... facevo già parte di un gruppo clandestino, era piccola cosa, rischiava di diventare nulla. Fin da allora il mio impegno politico fu una resistenza al mio essere che rifiutava di adattarsi a vivere in un mondo segnato dalla possibile vittoria del nazifascismo. Ricordo di essermi posto, con il lutto nel cuore, la domanda secca: cosa faccio?”. Tra molti vitali novantenni, un filosofo 37enne: Pierandrea Amato che teorizza in un saggio uscito per Cronopio: “La rivolta è un’azione politica che inquieta la messinscena della democrazia cui ogni giorno assistiamo” (il libro sarà presentato martedì a Saint Denis, Librairie Folie d'encres, e venerdì 27 maggio alle 19 a Roma, presso Fandango incontri). Ultimo, ma solo in ordine di tempo (è in uscita in questi giorni), Massimo Ottolenghi, 95enne avvocato piemontese, militante del partito d’azione con Ada Gobetti, Alessandro Galante Garrone e Giorgio Agosti, che ha intitolato il suo saggio Ribellarsi è giusto. Il limen tra indignazione – ul - timo baluardo d’una resistenza borghese? – ribellione, rivoluzione e rivolta non è sottile, eppure tutte queste riflessioni partono da una necessità di profondo mutamento, comunemente avvertita all’alba di un millennio per nullaluminoso. La fotografia del paese che Massimo Ottolenghi restituisce non risente di astigmatismo analitico: “L’Italia, che è stata nei secoli portatrice di tanti splendori, a partire proprio dai giorni dell’unificazio - ne, è rimasta la bella sognante. Immatura per gestire con efficienza la democrazia parlamentare conquistata con tanto sacrificio. Avvolta dai veli di un’ipocr ita indifferenza, assonnata d’attesa, esposta a ogni violenza, abbandonata all’assenza di difensori vali- Sulla scia di Hessel e di tanti altri, l’avvocato Massimo Ottolenghi, classe 1915, individua nella ribellione l’ultimo baluardo della resistenza di. Circondata da un’élite di scrittori, professori, giornalisti, salvo rare eccezioni, spesso conniventi con il potere per comodo o anche solo per quieto vivere, è rimasta preda del cavaliere nero di turno in attesa che al più presto sparisse, chiamato altrove da quella provvidenza dalla quale si diceva inviato. Comunque un’Italia incapace di trasformare per tempo l’indignazione in azione, di reagire, di sollevarsi in difesa per prevenire. Viene allora da interrogarsi se solo la disperazione può soccorrere gli italiani”. Lontano dall’esser desti, gli italiani cominciano ad avvertire, nel disagio, il pericolo. Quale? “Il governo è all’attacco dello Stato e delle sue istituzioni: non era mai successo”, racconta Ottolenghi. “La Costituzione è la dimensione morale e giuridica dello Stato perché indica l’essenza e l’anima del nostro popolo. Non so se queste elezioni sono solo un sussulto, lo si vedrà. Spero che siano il principio di un mutamento, il sentimento di cittadini che non vogliono essere sudditi, ma che si vogliono prendere delle responsabilità. Vorrei che questo sussulto denunciasse davvero il passaggio di una democrazia in stato comatoso a una democrazia viva, che muove dall’indignazione all’azione”. TO R N A , nel libro di Ottolenghi, una parola d’altri tempi: epurazione: “Quando siamo arrivati alla Liberazione, il Partito d’azione voleva mettere al primo punto l’epura - zione di tutti quelli che si erano macchiati di fatti gravissimi. Parri fu sostenitore convinto di questa tesi: si prese del fesso da Togliatti. Una vecchia tara, pensare che tutto si sistemi conciliando”. Ecco perché, si legge nel libro: “Non si può, per rispetto della decenza, accettare che i responsabili diretti di reati specifici o i loro fruitori possano, grazie alla prescrizione e a leggi ad personam, conservare, a volto aperto, il potere o riacquistarlo grazie alla troppo speculata smemoratezza, per rimanere o ritornare magari in breve tempo riciclati in nuove spoglie, ai posti di comando sotto diversi simboli, così come avvenne nel 1945, ma anche dopo la scoperta della P2, nei cui elenchi risultano tuttora eminenti uomini politici e imprenditori”.
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BASTA!!!
Bisogna levarsi dalle palle,con ogni mezzo atto,il berlusca,i berluscones e tutta l'amoralità del berlusconismo! D'Avanzo su La Repubblica
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Ma verrà pure un giorno simile anche per il Buffone!!!
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Un po' di pubblicità non guasta.......anzi!
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Il buffone è completamente fatto!(e noi col didietro sempre più a rischio!)
(...ovvero il piazzista mendicante:"Signurì,tengo governo...)
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Il giornale taroccato,ovvero la pentola che chiama la padella nera...
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Memento,nunc et semper!
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