da leggere!!!
Quote:
Knicks vs Nuggets finisca in rissa. Robinson: ho protteto la mia famiglia. Anthony: non e' successo nulla
17.12.2006. 05:57
(tempo di lettura 3'23''. Scritto ascoltando Imagine di John Lennon).
E' andato tutto secondo pronostico. O meglio, cogli l'attimo e mettiti a scrivere perche' una rissa di queste dimensioni (clicca qui), con questi propositi, beh spero che non accada per un bel po' di tempo. Di sicuro, visto che per una volta mi trovo seduto dietro ad un banco della sala stampa del Madison Square Garden, per una volta mi sento a tutti gli effetti un inviato con occhi, orecchie e polpastrelli abili a raccontare qualcosa di singolare in attesa che i soliti video aiutino a capire cosa e' realmente successo. Come dire, prima o poi doveva anche accadere.
E poco conta se mi ero promesso di non aggiornare il blog fino ai primi giorni della prossima settimana. No, a volte capita che il destino ti prenda in contropiede e allora, e' giusto ricordarsi chi sei varemente per un diritto di cronaca che mi porta niente meno che a Basketnet.
Parole sante, parole utile a darmi il coraggio di dire quello che penso: Carmelo Anthony mi ha deluso. Lui e il suo schiaffo con retromarcia acquisita a Channing Frye. Certo, quando giochi, quando respiri agonismo e un tuo compagno di squadra parte per la tangente, viene sempre da pensare a quei famosi tre secondi in cui ci si sente impulsivi, ma poi ci si pensa sopra e onestamente, che lui o loro ti stiano simpatici o antipatici, beh non ne vale la pena.
Di fatto e' accaduto per davvero tutto sotto i miei occhi, a venti, trenta metri dalla tribunetta laterale di un Madison che fino a un minuto e mezzo dalla fine dell'ultimo quarto di gioco, era teatro dei tanti soliti buu di sconforto della tifoseria di casa. Di solito dicono “fire Isiah”, licenziate Isiah e come dargli corto. Poi, mentre per una sera Stephon Marbury diventa il mio eroe dei fumetti preferito realizzando 19 punti dei suoi 31 punti finali nei primi venti minuti di gioco, mentre Carmelo Anthony tiene fede al pronostico di inizio anno quando l'ho dato nei primi tre cannonieri del campionato, ecco che tutti si alzano in piedi. Qualche spettatore della prima fila fa anche un salto laterale quasi a scansarsi e un brutto fallo di Mardy Collins su un JR Smith lanciato in contropiede fa scatenare il fini mondo con Nate Robinson e Carmelo Anthony abili a dare una mano nella zuffa. E il bello che mentre questi se ne danno di santa ragione con la televisione a due metri che riprende attimo per attimo tutto quello che sta accadendo, nessuno e' in grado di fermarli. Ci vogliono almeno cinque, sei minuti di tempo per fare chiarezza e poi quando cinque giocatori per parte vengono espulsi, scopro che in spogliatoio ci sono due poliziotti a vegliare che tutto venga svolto secondo le normali regole predisposte della Nba.
“E' stata un grande vittoria, adesso possiamo tornare a casa tranquilli e pensare al futuro – ha dichiarato il buon Anthony in spogliatoio – sono contento di come ho giocato e la squadra e' pronta per le grandi occasioni”. Ma che bravo ragazzo, poi non appena qualcuno gli chiede come sono realmente andate le cose, allora capisci un altro lato nascosto di questo mondo chiamato Nba. “Non posso assolutamente dire nulla della rissa – ha continuato il giocatore – non posso dire nulla e quindi, se volete parliamo d'altro. Certo, a New York mi sento a casa, c'era tutta la mia famiglia presente ma ripeto, non posso dire nulla riguardo a quello che e' accaduto in quel momento. Una possibile sospensione? In questo momento non mi interessa perche' non succedera' nulla”. Gia', guarda a caso un modo di essere e di fare che sposa alla perfezione il parere dell'altro protagonista della serata, JR Smith. Di lui potrei dire di un contropiede con inchiodata a due mani da fermo con piroetta e schiacciata rovesciata, ma non e' questo il punto. “Abbiamo giocato una buona gara – ha aggiunto non appena la folla con i microfoni in mano si e' girata dalla sua parte – ma non posso rispondere a nessuna domanda che parli di quanto e' accaduto nel finale di partita. Mi dispiace ma queste sono le regole. I provvedimenti della disciplinare? Non succedera' nulla”. Come dire, bullismo gratuito, un modo di essere ben diverso da quello usato da coach George Karl che con tono deliso e ben diverso da quello usato nel pre gara quando ha scherzato con tutti i presenti, cerca in tutti i modi di evitare commenti troppo decisi sul caso".
Chi invece parla e' niente meno che Nate Robinson. "Come potevo fare a meno di non mettermi in mezzo - ha spiegato senza peli sulla lingua in uno spogliatoio praticamente deserto - quando qualcuno tocca la mia famiglia, la mia squadra devo proteggerli. Non appena ho visto lo schiaffo, sono partito. Certo, non mi e' mai capitato prima ma penso che siano cose che capitano. Anche se non sono belle da vedere, fanno parte del gioco, per quanto alla fine penso che siano da evitare". Una tesi, questa della famiglia, ripresa poi anche da Jared Jeffrey che usa quasi le stesse parole per commentare quanto accaduto: "E' giusto proteggere il proprio team - ha aggiunto - anche se durante la partita non c'era nulla che avrebbe fatto pensare ad un finale di questo tipo". Molto meglio lasciar parlare Stephon Marbury, uno non proprio simpatico agli dei del basket, visto che nel giorno della sua miglior partita dell'anno, si finisce per parlare di tutto altro. "Penso che ci pensera' la Nba a mettere tutto a posto - ha raccontato e poi, non appena un giornalista di casa gli ha chiesto se quella rissa era frutto di classiche reazione da neri, ha glissato con molta classe - non capisco il senso della domanda. Penso che quello che sia accaduto non ha bisogno di grandi commenti del caso".
Gia', esco della sala stampa e cerco di capire. In mezzo a chi parla di un labiale di Isiah Thomas che avrebbe intimidito Carmelo Anthony a provare ad entrare nell'area newyorkese - un filmato che ieri sera facevo il giro delle verie televisioni locali - spunta la storia che Larry Brown e George Karl sono amici per la pelle con annessi e connessi. Mentre chiedo a due colleghi di colore se per davvero dentro una partita di pallacanestro ci sono delle gerarchie che io da buon europeo non posso conoscere e capire, mi capita anche di sentire il parere di un ragazzo, sempre di colore, dello staff del Madison che mi ha detto una cosa sola. "Certo, non sono cose belle ma sono sicuro che coach Thomas sara' fiero della grinta e della reazione della sua squadra proprio in quella rissa. Hanno dimostrato al loro coach di tenerci alla maglia e alla partita". Come dire, prendo tempo, cerco di spiegargli che un campione del calibro di Carmelo Anthony non puo' perdere le staffe in quella maniera e per fortuna, non appena mollo il primo, ci pensano i due giornalisti di prima fare chiarezza: "Gerarchie da ghetto? No, amico mio - mi ha spiegato il primo - questo sono cose stupide che non dovrebbero mai accadere. Ne ad una squadra come i Knicks alle prese con se stessa, ne tanto meno ad una squadra come Denver che cerca il definitivo salto di qualita' grazie al talento e all'esperienza dei suoi campioni".
Come dire, da New York e' tutto. Forse mancano solo l'ultima parola di David Stern e delle sue sanzioni che si preannunciano molto pesanti.
Mitja Viola
|
da basketnet.it
|