L'industria musicale chiede troppo, Pandora fuori anche dal Regno Unito
Dopo aver dovuto rinunciare, almeno per ora, alla diffusione del servizio nel resto del mondo,
Pandora è costretta a dire addio anche alla
Gran Bretagna (a meno che editori e discografici inglesi non decidano di rivedere le loro posizioni).
La celebre Web radio californiana, che attraverso un sofisticato software automatico di raccomandazioni musicali permette a chiunque di ascoltare e scoprire artisti vicini ai suoi gusti confezionandosi un palinsesto personalizzato, era già stata costretta a bloccare l’accesso a quasi tutti gli utenti Internet residenti al di fuori degli Stati Uniti; nella prospettiva di aprirsi un varco almeno nell’importante mercato britannico, tuttavia, aveva aperto un ufficio a Londra ripromettendosi di regolare con gli operatori locali dell’industria musicale la questione delle licenze di trasmissione e del pagamento dei diritti d’autore. Ora però il fondatore Tim Westergren ha deciso di fare marcia indietro, dal momento che a suo dire le società di collecting che rappresentano autori, editori, artisti e produttori fonografici chiedono troppi soldi, “percentuali minime troppo alte che non permettono a una radio finanziata dalla pubblicità di funzionare”.
Westergren non nasconde il suo disappunto per l’esito infelice della trattativa, e spara a zero su case discografiche ed editori musicali inglesi: “L’unica conseguenza del mancato appoggio a società che, come Pandora, cercano di costruire un business radiofonico sostenibile per il futuro sarà la perdurante esplosione della pirateria, il continuo restringimento delle opportunità per i musicisti professionisti e l’inaridimento delle fonti di nuova musica per gli appassionati”. A meno che, appunto, di fronte al suo no si riapra un tavolo delle trattative.
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