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Testimone di giustizia sfida ‘Ndrangheta in diretta web e torna in CalabriaTestimone di giustizia sfida ‘Ndrangheta in diretta web e torna in Calabria
LA PROTESTA. Sta tornando nel posto più pericoloso per lui. La Calabria, la sua terra, là da dove tempo fa è dovuto partire per affidarsi ad un programma di protezione per aver fatto arrestare decine di 'nranghetisti. E quello che sta accadendo in queste ore ha dell'incredibile, non solo perché la vittima ha scelto di tornare a casa sua, ma anche perché ha scelto di documentare questo ritorno in patria via web, sul suo blog (www.pinomasciari.org). Centinaia di utenti si stanno mobilitando in Rete e nelle varie chat per diffondere la protesta. Così on line è possibile seguire i suoi spostamenti alla faccia di quella riservatezza che forse potrebbe ancora salvargli la vita. Il protagonista è l'imprenditore calabrese Giuseppe Masciari testimone di giustizia: la sua la definisce «una forma estrema di protesta in attesa della risposta delle istituzioni e contemporaneamente chiede per la famiglia asilo politico o adozione ad altro stato». In macchina, verso il ritorno, con lui anche un "ufficio stampa mobile" che comincia a ricevere chiamate da telegiornali e agenzie di stampa e intanto lui aggiorna il blog. «Non mi sono piegato al racket», racconta Pino dalle sue pagine virtuali, che oggi si augura che lo Stato si faccia avanti per proteggerlo. Con le sue denunce l'imprenditore ha fatto arrestare e condannare decine di appartenenti al sistema 'ndranghetista con le sue collusione all'interno delle Istituzioni. Inserito nel Programma Speciale di Protezione a partire dal 17 Ottobre 1997, portato via dalla Calabria è da allora sprofondato in un tunnel senza via d'uscita: «in questi 11 anni non si contano i comportamenti omissivi tenuti dalle Istituzioni preposte alla mia protezione», racconta lui, «contrari alla legge e prima ancora alla dignità della persona. Abbandonato al mio destino insieme con la mia famiglia, isolati, esiliati dalla propria terra, privati delle imprese edili e del proprio lavoro (mia moglie è un medico-odontoiatra)», scrive sul suo blog. Il professionista chiede ad una qualsiasi delle Nazioni dell'Unione Europea o altra Nazione «l'adozione della mia famiglia, per mia moglie ed i miei due figli, perché si prenda cura di loro con la dovuta sicurezza». Lui no, lui vuole restare nel suo paese «a rischio della vita, per proseguire la strada della denuncia civile e legale dell'impotenza delle Istituzioni, che alle parole non fanno seguire i fatti concreti e per raccontare la verità sulla lotta alla mafia in Italia: chi non scende a compromessi con le dinamiche mafiose deve essere fatto fuori, in un modo o nell'altro». E la protesta va, in poche ore il mondo del web è mobilitato. Fonte
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Con un semplice gesto ho donato la vita ... |
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io non so in questo ca##o di paese che succede. prima si dice di alzare la testa contro le mafie e poi lo stato ti seppellisce vivo abbandonandoti.
altro caso: a marigliano un gruppo di persone hanno fatto le analisi del sangue (a loro spese visto che lo stato ha chiuso l'unico laboratorio che faceva questo tipo di analisi in quel territorio) ricavando dati allucinanti (uno di loro, apparentemente sano, ha, in una scala da 0 a 9 -dato massimo di allarme per OMS-, ben 47!!). hanno allora rimandato le schede elettorali, copia delle analisi e un appello al presidente della nostra(?) repubblica e conterraneo, chiedendo di non seppellire con il silenzio il genocidio che si sta consumando. unica risposta: i carabinieri che hanno riportato indietro le schede elettorali "invitando" a smettere "di fare tanto clamore", perchè "è meglio per tutti". punto. ripeto: ma sto ca##o di paese che ha fatto?
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«Fino a quando il colore della pelle sarà più importante del colore degli occhi ci sarà sempre la guerra.» Bob Marley |
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